venerdì 11 gennaio 2013

Sant'Antonio Abate e la Fiera del Fischietto


“L’Epifania: tutte le feste si porta via”. Questo detto è vero per la maggior parte d’Italia. Ma ogni rutiglianese doc sa che in realtà dopo l’Epifania c’è un’altra festa che viene attesa da grandi e piccini. La Fiera di Sant’Antonio Abate. La fiera si tiene il giorno di Sant’Antonio Abate, ovvero i 17 gennaio, ed è divisa in due parti:  la festa degli animali e la festa del fischietto in terracotta. In rutiglianese la festa è ricordata in 2 modi: “Sand’Anduene Maskere e suene” (Sant’Antonio maschere e suoni) perché tradizionalmente la festa coincide anche con l’inizio dei festeggiamenti di carnevale. Ma si dice anche “Sand’Anduene Friske e suene” (Sant’Antonio fischi e suoni) in chiaro riferimento all’evento più importante delle festa: “La sagra del fischietto”.
La tradizione  vuole che Sant’Antonio Abate sia il protettore degli animali. Infatti l’iconografia classica usa rappresentare il Santo sempre accompagnato da un maiale. Ogni 17 Gennaio, come da tradizione, il prete rettore della Chiesa di San Domenico e quindi della vicina chiesetta di Sant’Antonio, si preparare al momento solenne della benedizione degli animali. Essa avviene nella pineta cittadina ed attira un pubblico vastissimo, per lo più bambini e contadini, che portano i loro fedeli compagni a “farsi benedire”. Dai tradizionali cani, gatti, cavalli e muli, ai maiali, criceti e canarini; sino ad animali più inusuali. Si tratta di un momento di festa che avviene il primo pomeriggio e che anticipa la vera e propria festa che inizierà il tardo pomeriggio.
Sant’Antonio è considerato il protettore del fuoco. Perciò in questo giorno le donne non cucinano, ma si mangia cibi cotti nei giorni precedenti oppure cibi pronti come frutta secca.
Rutigliano è considerato il Paese della Terracotta. E seppur la sagra del fischietto è una festa piuttosto recente (la prima edizione risale al 1989), la tradizione di forgiare suppellettili in terracotta, tra cui degli antenati dei fischietti, risale addirittura all’epoca della Magna-Grecia. Nella Necropoli di Azezio, sito archeologico di Rutigliano, sono stati infatti rinvenuti all’interno delle tombe questi suppellettili in Terracotta. I primi suppellettili, da molti studiosi ribattezzati “protofischietti” avevano forme varie: antropomorfe, zoomorfe e valenze valerie: potevano essere di carattere ludico, cultuale e magico. Quando Azezio fu distrutta dai Sareceni nell’829 d.C., l’arte di produrre con la terracotta proseguì per tutto il medioevo nella città di Rutilianum (nome con cui fu ribattezzata la città), nonostante i prodotti fossero per lo più oggetti semplici e di uso domestico. L’arte figula è proseguita dal 1300 al 1800, con un boom nel ‘900. Addirittura esiste ancora la via dei figuli, che appunti è conosciuta come Via Figuli. Il carattere ludico dei fischietti è stato ripreso dalla più antica tradizione, e ad essere le vittime della satira figula sono i politici, nostrani e non. Ogni anno infatti il Comune approva un tema sulla cui base i figuli devono realizzare il fischietto per il concorso. Attraverso le giurie (tecnica e popolare) si sancisce il vincitore. Inoltre partecipano al concorso gli studenti delle scuole del paese, smistate nelle giuste categorie: questo ha fatto sì che anche nelle nuove generazioni ci è stata una riscoperta di un lavoro tradizionale antico come quello dei figuli.
Per riderci su
Una tradizione tipica rutiglianese vuole che il fidanzato regali alla fidanzata un fischietto a forma di galletto come pegno d’amore. Nulla di strano se non che la tradizione che il fischietto sia di buon auspicio per la coppia solo nel caso in cui il “fischietto” fischia. Nel malaugurato caso in cui esso non fischi la coppia non avrà una vita ricca di figli e fertile. Secondo alcuni infatti il fischietto altro non è che il simbolo del membro maschile, quindi l’assenza del fischio va interpretata come l’assenza di virilità e fertilità maschile. Ma sono solo tradizioni!
La tradizione del fischietto a forma di Carabiniere
La storia narra che nel 1799 i rutiglianesi avessero malvisto il tentativo di dominazione e saccheggio francese perpetrata dalle truppe napoleoniche (come era avvenuto per altri paesi vicini). Decisero così di mandare via i francesi costringendoli alla fuga: era il 6 maggio 1799. Alcuni contadini si recarono in Contrada San Martino, un piccolo colle nelle vicinanze del paese. Qui accesero dei fuochi e iniziarono a fischiare all’interno dei fischietti in modo assordante. Nel frattempo una mandria fu lasciata libera di correre verso il paese con al collo dei campanacci che facevano un rumore assordante. Contemporaneamente le donne rutiglianse accorsero nelle dimore dei francesi avvisandoli dell’arrivo delle truppe dei Borboni. I soldati, spaventati dal chiasso e chìonvinti che la nube di polvere provocate dal bestiame fosse realmente dovuto a una truppa in attacco, fuggirono terrorizzati da Rutigliano, lasciando lì anche le innumerevoli ricchezze che portava con sé dopo i numerosi saccheggi ai danni di altri peasi. Si narra che gli artigiani del paese, in ricordo di questi avvenimenti, abbiano decisero di creare dei fischietti che rappresentavano in pose buffe “questi uomini in divisa”. In seguito all’Unità d’Italia questa tradizione si è mantenuta seppur con delle modifiche: anziché i soldati francesi, oggi “vittime” illustri dei figuli rutiglianesi sono i Carabinieri.

Loredana

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